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Cordova verso la Lazio ma il cuore resta alla Roma: Roma News

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Alla Roma dal 1967 al 1976, poi clamorosamente alla Lazio dal 1976 al 1979: Franco “Ciccio” Cordova lo sa bene cosa sia il derby, cosa voglia dire sentirlo arrivare, dall’una o dall’altra sponda del Tevere; non ha dubbi, però, su quale delle due abbia lasciato il cuore. Paolo Marcacci ha realizzato un’intervista esclusiva al doppio ex della stracittadina:

“Non scherziamo…alla Lazio andai per ripicca, nei confronti del Presidente Anzalone che ce l’aveva con me, forse perché ero il genero di Marchini, e che avrebbe voluto vedermi al Verona; io ero e sono rimasto romanista, la Roma la amo, disperatamente, ancora oggi”.

Come si trovò alla Lazio?
“Non posso dire di essere stato amato dai tifosi, ma rispettato come professionista sì; inoltre, trattato molto bene dalla società, in primis dal Presidente Lenzini, gran brava persona. Feci tre anni molto buoni, giocando quasi sempre”.

Il cuore però era rimasto alla Roma, come ha detto…come fece a giocare i derby da laziale?
“Non ci capivo niente, soprattutto se la partita per il calendario era con la Roma in casa; la prima volta da ‘laziale’, entrando in campo, mentre ascoltavo una canzone che avevamo inciso con i compagni della Roma, De Sisti mi sussurrò: ‘qua ce stavi pure te…’ ” .

Nei suoi anni romanisti spicca il terzo posto del ’74 -’75, quella squadra avrebbe potuto ottenere di più?
Non contro quella Juventus e quel Napoli che ci hanno preceduto in classifica; quel terzo posto all’epoca fu un risultato storico… –

Come fu l’impatto con Roma, quando arrivò in giallorosso nel 1967?
Traumatico, in tutti i sensi: ero appena arrivato e dopo qualche giorno distrussi la macchina in un incidente sulla Colombo…scherzi a parte, la città mi appariva davvero tentacolare… –

Com’era all’epoca il rapporto con i tifosi e con la stampa?
Era tutto più a misura d’uomo, innanzitutto; con i tifosi della Roma il rapporto era splendido, me lo ricordano ancora oggi; con la stalla quasi sempre buono, con l’eccezione di “Paese Sera”, perché il direttore delle pagine sportive, cioè Aldo Biscardi, diciamo che non mi amava…per fortuna lì c’era anche il grande Mimmo De Grandis -.

I più forti con i quali ha giocato dall’una e dall’altra parte?
Tanti, in ordine sparso direi: De Sisti, Morini, D’Amico, Manfredonia, Giordano, il povero Re Cecconi e Prati, anche se alla Roma era nella fase più vicina alla fine della carriera -.

Rimpianti?
Essere arrivato all’Inter che ero ancora un ragazzino…non aver capito dove mi trovavo -.

Uno come lei in un’altra epoca avrebbe giocato in pianta stabile in Nazionale.
Ecco: se avessi vestito la maglia dell’Inter oggi sull’almanacco conterei centosessanta presenze in maglia azzurra…all’epoca in Nazionale ci finivano quasi esclusivamente quelli di Juventus-Inter -Milan; in effetti, anche oggi è quasi sempre così, con qualche eccezione, perché ogni tanto danno “‘no zuccherino” pure a qualcun altro, ma poca roba”

Il livello tecnico del calcio italiano rispetto alla sua epoca si è abbassato?
“Molto. È molto più basso, c’entra la politica del calcio giovanile…prendiamo e alleviamo una marea di stranieri, è quasi impossibile ormai crescere con pazienza giocatori italiani. Lo dico con cognizione di causa, perché ho un figlio che gioca nel Monterosi, in età da Primavera. Fosse per me, adotterei una politica come quella del calcio tedesco di qualche tempo fa: giocatori allevati vicino casa, fatti crescere con criterio e non “minacciati” da tutti quegli stranieri, a volte con anagrafe incerta, che arrivano attraverso giri di commissioni eccetera. Ognuno fa calcio come vuole, per carità, ma a me non sembra un esempio positivo il fatto che il Lecce abbia vinto lo scudetto Primavera con undici stranieri”.

Che calciatore e che capitano è Lorenzo Pellegrini?
“Il mio pensiero è che come capitano sia adatto, essendo un ragazzo serio e riflessivo; come calciatore, indubbiamente è un calciatore di qualità, ma è indubbio che debba dare molto di più; non è una stagione positiva, finora, per lui; gli infortuni lo stanno limitando molto e anche per quello non riesce a dare quanto dovrebbe e vorrebbe”.

Domenica come finirà?
“Difficile dirlo e difficile la partita per la Roma, poi un derby sfugge a ogni analisi. Io penso che in ogni caso questo tipo di partite esaltino uno come Mourinho quando le prepara, anzi, vorrei fare un appello…”

Prego.
“Sbrighiamoci a rinnovare il contratto di Mou, un numero uno in assoluto, uno che ha fatto tornare lo stadio sempre pieno, come ai miei tempi”.

Sarebbe andato d’accordo con lui?
“Sì, perché oltre a essere un personaggio di massimo livello è uno che parla chiaro e io, poi, andavo d’accordo con tutti, o quasi”.

Invece dei Friedkin cosa pensa, visto che così raramente rilasciano dichiarazioni?
“Se non parlano fanno bene. Penso che facciano parlare i fatti: sono capitani d’azienda, grandi manager, non dimentichiamoci che qui a Roma hanno portato loro Mourinho, Dybala, Lukaku. Non mi pare che i proprietari delle altre grandi società parlino tanto; ogni tanto parlano i dirigenti e infatti anche qua Pinto parla”.

Come potremmo finire questa chiacchierata?
“Come ho detto prima, io amo la Roma”.

Paolo Marcacci

Cordova, il doppio ex, a RN: “Alla Lazio per ripicca, il cuore restò alla Roma – Roma news

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